LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Quindicesima tappa - Da Viterbo a Botte di Vetralla, mercoledì 24 maggio 2017
Testo e foto di Mauro Lenzi
Mi sveglio alle cinque e mezza per usufruire tra i primi dell’unico bagno a disposizione di noi pellegrini. Nella camerata regna un po’ di confusione e impiego più tempo del solito per sistemare lo zaino. Nonostante il trambusto, alle sei e mezzo siamo tutti pronti per incamminarci verso il centro di Viterbo dove riprenderemo il tracciato della Francigena. Anche Isabella e Michele sono con noi. Dopo mezz’ora siamo in piazza San Lorenzo di fronte al duomo; imbocchiamo la scalinata sotto il voltone della loggia del Palazzo dei Papi e usciamo dalla cinta muraria attraverso Porta Faul. Alla vicina rotonda procediamo per strada Signorino fino a imbucare la Via Cava di Sant’Antonio, un’antica strada scavata nel tufo dagli etruschi. La parte più spettacolare è stretta tra pareti alte quindici metri. Su una di queste è ricavata una edicola votiva dedicata a Sant’Antonio, da cui la via cava prende il nome. Percorriamo questo ambiente unico e suggestivo per oltre due chilometri rilevando con estremo rammarico, che ogni anfratto ai piedi delle pareti è colmo di rifiuti, gettati lì da persone incivili oppure incoscienti di ferire una così grande opera, frutto dell’ingegno e della fatica dei nostri antenati.
Usciti dalla via cava proseguiamo per circa cinque chilometri lungo stradine parallele alla superstrada, circondati da un paesaggio alquanto monotono. Dopo aver sottopassato per due volte la superstrada raggiungiamo un luogo ombreggiato all’inizio di un bel sentiero in leggera salita. Ci fermiamo per ricomporre il gruppo, riposare e consumare un veloce spuntino. Riprendiamo il cammino lungo il sentiero tra coltivi di grano dal biondo colore, ulivi e querce maestose tra i campi. Raggiungiamo una collina sulla cui sommità spiccano i ruderi di Casale Quartuccio. Su un cartello posizionato al margine del percorso si legge che l’edificio potrebbe essere stato una torre di avvistamento per le incursioni dei Saraceni che, dalla costa tirrenica, si spingevano verso l’interno.
Superati i ruderi del casale scendiamo al ponte che attraversa la Cassia e proseguiamo affrontando una serie di saliscendi su strade sterrate e stradine asfaltate senza traffico. In questo tratto rallento il passo per scattare qualche fotografia, ma anche per non infierire sulla mia caviglia dolorante, non in grado di reggere a lungo l’andatura spedita del resto del gruppo. Resto un po’ indietro e imbocco da solo strada Risiere. Dopo circa mezzo chilometro noto una panchina davanti a una casa e sopra, appesa al muro, un’insegna “LA PANCHINA DEL PELLEGRINO”. Non ho parole per ringraziare l’artefice di questa bella iniziativa. Poso la zaino e mi siedo per controllare il mio piede, oggi più gonfio del solito. Applico sulla caviglia quel poco di pomata all’arnica rimasta nel tubetto e mi rimetto in cammino. Attraverso una radura con a lato una ricca sorgente che alimenta alcune vasche in cemento, forse vecchi abbeveratoi, e raggiungo il bivio della strada asfaltata per Vetralla accanto ai ruderi di S. Maria di Forcassi, un’antica stazione di posta sulla via Cassia, ricordata da Sigerico. Più avanti incontro alcuni giovani intenti a ripulire uno scavo archeologico. Mi dicono che probabilmente si tratta di una casa rustica di epoca romana e che devono terminare il lavoro entro sera perché lo scavo domani verrà ricoperto. Arrivo alle porte del paese prima di mezzogiorno e incontro i miei amici davanti al primo bar. Mi siedo con loro e mangio un bel panino ripieno di un saporito prosciutto, tagliato a sottili fette, come si usa fare da queste parti, con un affilato coltello. Una vera bontà! Vetralla, appena entri, appare una cittadina alquanto anonima, ma è solo una prima impressione. Se si abbandona il corso principale e si fruga tra i vicoletti, si entra in un’altra dimensione fatta di scorci suggestivi e case che si sostengono l’una con l’altra con piccoli ma solidi archi rampanti. Il monumento più importante e la chiesa di San Francesco, esistente già nel IX secolo e ricostruita nel XI secolo in forme romaniche. Nei locali della parrocchia attigui alla chiesa c’è un centro di accoglienza per i pellegrini dove hanno deciso di pernottare Michele e Moss. Li salutiamo e riattraversiamo il paese per raggiungere Botte, una frazione di Vetralla più a sud, verso Capranica, dove pernotteremo nei locali dell’associazione FamilArca. Siamo rimasti in sei: io, Anne, Gabriella, Isa, Isabella e Sandro. Ivan non è con noi perché prima di raggiungere Vetralla ha preso quella che secondo lui doveva essere una scorciatoia. Davanti alla scuola incontriamo alcune mamme in attesa. Indossano delle pettorine gialle con sopra scritto “Piedibus”. Mi dicono che si sono organizzate con altre mamme per andare a prendere i bambini all’uscita della scuola e, a turno, li accompagnano a casa, rigorosamente a piedi. Che bella iniziativa: i bambini si abituano a camminare, come era buona consuetudine ai miei tempi, e davanti alla scuola ci sono pochissime automobili in attesa. Superato il passaggio a livello vicino alla stazione percorriamo una sterrata dentro la Riserva Naturale del Lago di Vico - Monte Fogliano, immersi in una bellissima faggeta. Il luogo è ideale per fare delle belle escursioni sui numerosi sentieri e per percorsi in mountain bike. Giunti in una radura al limitare del bosco usciamo dal parco e ritorniamo sulla Cassia. Per raggiungere Botte e il nostro alloggio dobbiamo percorrere a ritroso circa un chilometro. Alle tre del pomeriggio veniamo accolti da Sandro e dalla sua gentile consorte che ci accompagnano nei bellissimi e spaziosi locali dove alloggeremo questa notte e dove, con nostra grande sorpresa, troviamo Ivan spaparanzato sul letto. Con un sorriso beffardo ci dice che grazie alla sua scorciatoia è arrivato un’ora prima di noi. Più tardi ci racconterà di essersi in realtà perso nella campagna, e che un “angelo” incontrato per strada lo ha portato fino a Botte. Sulla Francigena accade anche questo, un gentile automobilista di passaggio si trasforma in una entità sopranaturale e compie un miracolo.
Nel centro di accoglienza c’è anche una bella cucina e così ne approfittiamo per preparare la cena con la spesa fatta nel vicino supermercato. Dopo cena Isabella ci racconta la sua storia. Fa parte dell’Associazione Lunghi Cammini, costituita per aiutare gli adolescenti vulnerabili con trascorsi criminali, o “semplicemente” con vite difficili. Alcuni mesi fa l’associazione ha presentato un progetto all’Ufficio Servizi Sociali Minorenni di Mestre che prevede il recupero di questi giovani con una esperienza di lungo cammino. Gli adolescenti coinvolti saranno allontanati per almeno tre mesi dal contesto sociale e famigliare in cui vivono; tempo necessario per camminare, in compagnia di un adulto, verso una meta lontana almeno duemila chilometri, all’estero, senza cellulare né musica, zaino in spalla e una disponibilità economica quotidiana contenuta al minimo indispensabile. Questo strumento è utilizzato in Belgio e in Francia da decenni e ha reso possibile il recupero di centinaia di ragazze e ragazzi dai trascorsi difficili. Isabella sta affrontando il percorso da Padova a Roma per provare personalmente le difficoltà, le emozioni e le lezioni di vita dispensate dall'esperienza di un cammino. A Roma, alla fine del cammino, ha già un appuntamento presso il Ministero di Giustizia per illustrare il suo progetto nella speranza di ottenere in tempi brevi il nulla osta.
Buon cammino cara Isabella, buon cammino al tuo progetto “Sconfinamenti” e buon cammino a tutti i giovani che avranno la fortuna di intraprendere un lungo percorso che non terminerà dopo tre mesi, ma proseguirà per tutta la vita.
Quindicesima tappa - Fotoracconto
I numeri della tappa (soste e varianti comprese)
Punto di partenza | Viterbo (Cappuccini) |
Punto di arrivo | Botte di Vetralla |
Distanza | 26,8 km |
Durata | 8h 30m |
Dislivello | +540m; -500m |