LA MIA FRANCIGENA, A PIEDI DA PORRETTA A ROMA
Settima tappa - Da Abbadia a Isola (Monteriggioni) a Siena, martedì 16 maggio 2017
Testo e foto di Mauro Lenzi
Parto di buon mattino, senza fretta. Appena uscito da Abbadia a Isola lascio sfilare il gruppo per godermi in perfetta solitudine il lungo rettilineo che porta all’inizio della salita di Monteriggioni. Solo l’abbaiare di un cane rompe per un attimo il silenzio che mi circonda. La luce del mattino rende i colori più intensi e il mio sguardo si perde tra l’ocra della terra appena arata, il verde chiaro dei campi e dei prati, e il verde cupo delle distese di boschi che avvolgono le dolci colline della Montagnola Senese.
Ritrovo gli amici di cammino al Bar dell’Orso in località Colonna sulla Via Cassia. Ci siamo dati appuntamento qui per fare colazione tutti assieme e per rifornirci di viveri. Le cose vanno un po’ per le lunghe e così, fatta colazione, riprendo per primo il cammino. È mia intenzione approfittare della bella luce del mattino per scattare altre fotografie. Lascio la Cassia e in ripida salita, tra geometrici filari di viti e oliveti ben curati, mi ritrovo sotto le possenti mura turrite di Monteriggioni, ricordate da Dante nel XXXI canto dell’Inferno. Supero porta San Giovanni e mi porto al centro della vasta Piazza Roma. Il sole ancora basso all’orizzonte illumina la piazza e gli edifici circostanti di luce radente, in un’atmosfera resa ancora più surreale dal silenzio che domina incontrastato. Mi sembra di essere salito su una macchina del tempo che mi ha catapultato indietro di parecchi secoli. Torno alla realtà quando dalla porta da cui ero entrato poc’anzi vedo apparire alcune figure note. Sono Ivan e Sandro con al seguito Anne e gli altri amici del gruppo.
Usciamo da Monteriggioni dalla porta Romea diretti a sud, lasciando alle nostre spalle un luogo davvero unico. Il castello è bellissimo anche da questo lato e mi volto parecchie volte quasi alla ricerca di un ultimo saluto. Il pensiero torna ai versi di Dante, letti poco prima dentro la cerchia delle mura e mi commuovo nel ricordo di Sandro M., un caro amico tragicamente scomparso in un incidente stradale, compagno di tante avventure in montagna che nei rifugi, al lume di candela, declamava a memoria e con grande bravura brani della Divina Commedia e dei poeti da lui più amati: Garcia Lorca, Leopardi e Majakosvkij.
Proseguiamo il cammino per sterrate e strade bianche, tra boschi e campi aperti, fino al podere Cerbaia, superato il quale ci aspettano altre meraviglie: il Castello della Chiocciola, che deve il suo nome alla scala elicoidale all’interno della sua esile torre, e La Villa, un imponente fortilizio di epoca medievale caratterizzato da una massiccia torre rettangolare con coronamento merlato. Qui ci attende Marcello che gestisce un accogliente punto sosta per pellegrini dove, dopo la consumazione o l’acquisto di viveri, decidi tu quanto donare. Da La Villa il tracciato della Francigena continua in leggera discesa lungo piste e sterrate al margine dei campi. Io decido invece di percorrere la variante del Poggetto, più panoramica, ma con un dislivello di circa cinquanta metri in salita e centodieci in discesa prima di raggiungere la strada asfaltata ai margini dei campi coltivati di Pian del Lago, in origine vasta area palustre, bonificata nel XVIII secolo per volere di Pietro Leopoldo di Lorena. Non incontro nessuno del gruppo e quindi proseguo fino alla Piramide Leopoldina, eretta per ricordare la bonifica di Pian del Lago. Pochi metri prima della piramide c’è l’imbocco del canale scolmatore, una galleria lunga più di due chilometri, perfettamente conservata, che permise il drenaggio della palude. Sotto un albero, al margine della radura, c’è un bel tavolo di legno con alcune panche, luogo ideale per riposarsi e per consumare il pranzo al sacco. Mezzogiorno e mezzo è da poco passato che odo delle voci avvicinarsi. Riconosco Gabriella e Isa, le pellegrine di Como conosciute a San Giminiano. Sopraggiungono anche Luca e Valentina, poi Aldo e Sandro.
Dopo la sosta riprendiamo assieme il cammino percorrendo un bel tratto di sentiero forestale nel Bosco di Renai fino a sbucare nei pressi di un cimitero dove facciamo scorta d’acqua alla fontana. Dal cimitero in poi ci aspettano più di sei chilometri di solo asfalto fino a Siena. Dopo essere passati sotto la tangenziale inizia un tratto in ripida salita che porta al quartiere Petriccio. Il sole a picco delle due del pomeriggio, associato ai tanti chilometri già percorsi, mette a dura prova la nostra resistenza. Solo un cartello con scritto Siena al termine della malefica salita rinfranca il nostro spirito e la voglia di continuare. Siamo ancora in periferia e ci aspetta un altro po’ di cammino. Entriamo nel centro storico da Porta Camollia e in breve raggiungiamo Piazza del Campo dove, prima di ogni altra cosa, prendiamo d’assalto il fresco zampillo della Fonte Gaia.
Improvvisamente squilla il mio cellulare. La chiamata proviene da Siena e subito rispondo. È suor Ginetta, la responsabile della Casa d’Accoglienza Santa Luisa dove ho prenotato per la notte, che con voce stentorea mi chiede: “Mauro, che terra pesti?”… “Sono a Siena in Piazza del Campo”… “Ah, bene, sei già arrivato. Ora però non venire perché se suoni non apre nessuno. Devo fare delle commissioni e non rientro prima delle cinque. Visita un po’ Siena e poi vieni qua dopo le cinque”. Sinceramente sarei andato volentieri a posare lo zaino e a farmi una doccia, ma non ho alternative. Accompagno i miei amici fino all’ostello di fronte al duomo, dove sono tutti alloggiati. Saluto Aldo e Don Ettore che concludono a Siena il loro cammino e mi accordo con gli altri per incontrarci domani lungo il percorso. Resto a lungo seduto ad ammirare la splendida facciata della cattedrale per poi decidermi ad entrare nonostante i rigidi controlli all’ingresso. Nello zaino ho i bastoncini da trekking, un coltello e altri oggetti metallici, ma mi lasciano comunque passare. Attraverso le enormi vetrate si irradia una luce dai mille colori che mette ancora più in evidenza ciò che già è bello. Sarà lo stato d’animo particolare di questi giorni, ma non trovo altri aggettivi per descrivere tanto splendore. Uscito dalla cattedrale mi incammino lentamente verso il mio alloggio guardandomi attorno a più riprese. Finalmente arrivo davanti al convento. La suora della portineria mi indica il civico lì vicino dove suonare per accedere nella casa d’accoglienza. Vado e suono. Nessuna risposta. Dalla finestra aperta al piano superiore odo un grande vociare: questa notte non sarò da solo. Suono ancora parecchie volte. Nessuno apre. Torno alla portineria del convento per chiedere spiegazioni; l’anziana suora mi guarda da dietro ai vetri con un sorriso e con grande pacatezza mi dice di avere fede e di continuare a suonare, che prima o poi mi sarà aperto. È andata proprio così, e dopo circa mezz’ora di inutili tentativi finalmente mi appare sull’uscio suor Ginetta che si scusa di avermi fatto tanto aspettare. Ha avuto da fare per le sue commissioni e ha sistemato nel dormitorio, proprio sopra l’entrata, una chiassosa scolaresca. Velocemente mi conduce nella mia cameretta, spartana ma accogliente, e mi fissa l’appuntamento per la cena nel refettorio alle otto in punto.
Anche la cena è semplice come tutto il contesto in cui mi trovo. Mi siedo a tavola e faccio conoscenza con le ragazze della scolaresca di Colle Val d’Elsa che assieme a due professori stanno percorrendo la Francigena da Colle Val d’Elsa a Radicofani, in alternativa alla classica gita scolastica; un esempio da imitare. Conosco poi una simpatica donna inglese, partita in bicicletta da Amburgo, che ha disceso tutta la Germania e la Francia fino a Mentone. È entrata in Italia a Ventimiglia e ora è diretta a Roma. Dopo Roma continuerà verso sud per poi approdare in Grecia. Buona pedalata! Al mio tavolo sono sedute anche altre tre donne che capisco non essere “pellegrine”. Sono straniere e conversando con loro comprendo che sono lì perché non avrebbero un altro posto in cui andare e un pasto caldo. In cambio aiutano suor Ginetta nel governare la casa. Dopo cena suor Ginetta prende la parola e, rivolta in particolare alle giovani studentesse, racconta della sua vita e della sua esperienza dedicata al prossimo.
Avevo compreso fin da subito di essermi imbattuto in una donna energica e dalla dirompente vitalità, e il suo racconto me lo conferma. Nata a Mantova sessantasei anni fa, ha vissuto la sua vita e i suoi amori da “signorina”, come lei ama dire. Ha lavorato in fabbrica per oltre vent’anni come “operaia” e ne va orgogliosa. Guadagnava bene e si poteva così permettere anche molti svaghi: “andavo anche a sciare…” dice rivolgendosi alle studentesse che ascoltano in religioso silenzio. All’età di quarantuno anni decide di intraprendere il “suo cammino”, quello che probabilmente, in cuor suo, sapeva da tempo di dover percorrere. Entra in convento nonostante la contrarietà dei genitori e dopo diverse esperienze viene assegnata alla guida della Casa d’accoglienza Santa Luisa a Siena. Sono poche le suore che possono aiutarla perché lei è una di quelle “giovani” e le vocazioni sono in profonda crisi. Ogni giorno la casa ospita molte persone bisognose che qui trovano un pasto caldo e un po’ di conforto. Sono sempre di più anche le famiglie in difficoltà che si rivolgono alla struttura per ricevere assistenza. Suor Ginetta ha quasi tutto sulle sue spalle: l’organizzazione della cucina, la raccolta dei viveri deperibili o in scadenza donati dai vari supermercati della città e che, altrimenti, andrebbero gettati. La raccolta è una cosa seria e richiede parecchio tempo, perché i supermercati devono scaricare fiscalmente ciò che donano e occorre fare molta attenzione a scegliere solo i prodotti e i viveri ancora integri e commestibili. Poi ci sono le camere da tenere in ordine e le pulizie da fare. In questo l’aiutano anche donne sole e in difficoltà, che arrivano da lei e ricambiano l’accoglienza con il loro lavoro nella casa. Poi ci sono i pellegrini da accogliere ogni anno sempre di più. L’anno scorso, anno del Giubileo, la casa di accoglienza ha ospitato quasi cinquemila pellegrini. Suor Ginetta ci racconta tante altre storie. Una delle più belle è quella dell’uomo che percorreva la Francigena tirando un carretto con sopra il suo cane. A chi gli chiedeva perché facesse questo lui rispondeva che il cane gli aveva fatto compagnia per tutta la vita e ora era vecchio e camminava a fatica; così ora era lui che lo portava in giro. Qui alla mensa e nell’ospitale delle suore della Carità di San Vincenzo si tocca con mano lo spirito della vera accoglienza, sia che si tratti di un pasto caldo per i poveri o di ospitalità per i pellegrini, di ogni credo e nazionalità che, come dice suor Ginetta, “sono tutti uguali sulle vie del Signore”.
Qui ho vissuto un’esperienza e ricevuto un’ospitalità che mi rimarranno sempre nel cuore.
Settima tappa - Fotoracconto
I numeri della tappa (soste e varianti comprese)
Punto di partenza | Abbadia a Isola |
Punto di arrivo | Siena |
Distanza | 25,5 km |
Durata | 8h 30m |
Dislivello | +670m; -540m |