Gruppo CAI "HAPPY SNAILS - LUMACHE MA NON TROPPO"
14 ottobre 2017 - Escursione urbana a Padova.
La città dei tre senza: bar senza porte, Pedrocchi; Prato senza erba, Prato della Valle; santo senza nome, S. Antonio.
di Romano Mellini
La nebbia accompagna il treno per un lungo tratto e miracolo di S. Antonio scompare a Padova lasciando il posto a un sole caldo e brillante. Usciti dalla stazione, imbocchiamo Corso del Popolo e continuiamo per Corso Garibaldi. Accarezziamo, sulla sinistra, i ruderi dell'Arena romana che danno la mano alla cappella degli Scrovegni e alla chiesa degli Eremitani, immerse nel verde di uno splendido giardino. Proseguiamo per Via Cavour toccando sulla destra il primo dei tre senza: il Pedrocchi (senza porte perchè sempre aperte). Pochi passi ed ecco il Municipio, di fronte alla sede dell'università. Vi entriamo per una visita guidata. Anche gli austeri muri sono colti e incutono rispetto. L'aula magna, ricca di stemmi, emana un alito secolare impregnato di sapere e di studio. L'ateneo fu fondato nel 1222 da tre studenti bolognesi. L'atmosfera parla di Galileo Galilei che la respirò per diciotto anni dal 1592 al 1610. Usciti dall'aula magna entriamo nella sala anatomica dove insegnarono illustri professori. Sulle pareti appaiono affrescati personaggi aderenti al tema e dopo aver ammirato l'ambiente testimone di molte lauree in medicina, attraverso una porticina, entriamo nel “sancta sanctorum” della facoltà. Un mini anfiteatro in legno occupa lo spazio della stanza priva di finestre. Gli studenti prendevano posto nei vari palchi sovrapposti con in mano una candela accesa, unica fonte di illuminazione.
Nello stretto spazio della base, un cadavere sdraiato su di un lettino veniva sollevato da un argano rudimentale. Il chirurgo stagliuzzava le carni del morto spiegando l'anatomia umana. Gli studenti, uno alla volta scendevano dal loro posto con la candela in mano per osservare da vicino quanto spiegato. L'atmosfera doveva essere ben macabra e puzzolente! Dopo aver ammirato l'anfiteatro anatomico entriamo in un'altra stanza, anch'essa priva di finestre, definita “cucina”. Sempre a lume di candela e sempre di notte si assisteva alla “bollitura” del morto nella suddetta cucina. A quel tempo la chiesa proibiva e puniva severamente chi attuava lo smembramento dei cadaveri. Tale operazione eliminava la carne e metteva in evidenza le ossa al fine di studiarle. Che puzza! Che stomaci di ferro! Usciti dall'incubo, scendiamo le scale e su di un pianerottolo troviamo la statua di Elena Lucrezia Cornero, prima donna al mondo a laurearsi nel 1678. Per fortuna fuori c'è il sole e continuiamo per via Roma girando poi a sinistra per via Locatelli arrivando, così, alla piazza del Santo senza nome (S. Antonio). Lungo via Locatelli costeggiamo un canale, osservando ponticelli privati che uniscono la strada alle abitazioni poste sull'altra riva, completamente rivestiti di edera. La statua equestre del Gattamelata di Donatello ci accoglie davanti alla basilica del Santo. La bellezza del tempio è pari all'atmosfera di santità emanata dal luogo. Le svariate cupole, l'interno grandioso e bellissimo, i due chiostri, uno dei quali dominato da una magnolia alta come una quercia, ci inducono a una profonda riflessione. Dopo aver messo la mano sulla tomba del Santo, usciamo e per via Luca Belludi arriviamo al terzo senza: piazza Prato della Valle, prato senza erba anche se al centro l'erba c'è attorniata da statue raffiguranti professori e studenti dell'università. Vista da lontano la basilica di Santa Giustina, per via Umberto Primo e poi per via Roma, torniamo a piazza delle Erbe, colma di bancherelle e dominata dal palazzo della Ragione. Per via Manin ci rechiamo in piazza del Duomo. Entriamo nel Battistero, magnifica costruzione di impronta romanica e ammiriamo uno dei più importanti cicli di affreschi padovani, capolavoro di Giusto de' Menabuoi realizzato nel 1376-78, composto da un centinaio di scene culminanti nel tondo della cupola con al centro Cristo, angeli e la Madonna. Usciti dal Battistero entriamo in piazza dei Signori e per via Santa Lucia sbuchiamo in via Cavour e Corso Garibaldi. Nei pressi della Cappella degli Scrovegni, non visitata perchè non era stata fatta la prenotazione, visitiamo la chiesa degli Eremitani. Grandioso tempio che subì i bombardamenti dell'ultima guerra mondiale il giorno 11 marzo 1944. La parte destra andò distrutta e con essa la cappella Ovetari e gli affreschi di Andrea Mantegna. Con la tristezza del momento torniamo in Corso Garibaldi e in Corso del Popolo fino alla stazione ferroviaria. Grazie, Santo, di averci donato una splendida giornata spesa nella magnificenza dell'arte divina e umana. Grazie di tutto cuore.