16 settembre 2017 - Gli ex mulini dell'alta valle del Randaragna
Alla ricerca del nostro DNA montanaro
di Romano Mellini
L'escursione inizia dopo aver lasciato l'auto un centinaio di metri dopo avere imboccato la strada per il Nibbio e poco dopo aver abbandonato la strada Casa Boni – Casa Calistri. Mentre si percorre il sentiero in salita, si vede il torrente Rio Muraglio, poco sotto, farsi largo tra grossi macigni accarezzando le rocce della montagna incombenti sulla sua sponda destra.
Pochi passi e già si scorge in alto la mole del ponte che scavalca il rio. Pochi passi ancora e ci troviamo al suo inizio, sulla riva sinistra, grandiosa costruzione secolare ad una arcata, alta 4 o 5 metri sull'acqua, che sottolinea la maestria dei muratori del nostro passato. Prima di attraversalo, quasi si cade in ginocchio di fronte a tanta armonia ed a tanta bellezza. Pare quasi impossibile che nei secoli scorsi si sia potuta eseguire in questo posto una tale costruzione. Il complesso rappresenta una vittoria sulla forza gravitazionale. Le rocce incombenti, ornate da qualche alberello pendente nel vuoto, creano un'atmosfera fiabesca. Su questo ponte passava la strada principale che univa, oltre alle varie borgate alte dell'ex comune di Granaglione, lo Stato Pontificio al Granducato di Toscana, prima della costruzione della carrozzabile di fondo valle. Aldilà del ponte, una possente muraglia sostiene la mulattiera sia lato monte sia lato valle. Sotto di essa venne eretto il mulino Ferriera a picco sul torrente ed attaccato alle rocce. Accanto al mulino trovò posto un altro fabbricato in cui fu collocata una ferriera al cui interno si trovava un rudimentale maglio. Il mugnaio, Michele Taruffi, sagrestano della piccola chiesa di Poggio dei Boschi in cui abitava, oltre ad essere un valido mugnaio era, anche, un bravissimo fabbro. A lui si rivolgevano gli abitanti di Pracchia e di Campotizzoro. Negli anni cinquanta una frana si abbattè sul mulino e sulla ferriera lasciando dietro di se solo macerie. Attualmente sono visibili la canalina che captava l'acqua a monte del ponte sul lato destro del rio, il cunicolo sotto al ponte stesso, gli archetti scavati nella parete stessa sospesi a picco sul torrente ed, infine, l'ingresso nel bottaccio, anch'esso sospeso nel vuoto. Si scorge ancora una parete dell'edificio ed il voltino da cui usciva l'acqua dopo aver svolto la sua funzione per gettarsi a cascata nel torrente: Prima di attraversare il ponte abbiamo visitato, pochi metri lato monte, alcuni resti di muri interrati, forse un canniccio e una ghiacciaia. Colmi di ammirazione abbiamo imboccato la mulattiera sostenuta a valle dalla muraglia e diretta a Casa Calistri.
Appena percorso un centinaio di metri dal ponte, sulla sinistra, un sentiero malridotto porta, in brevissimo tempo, ai ruderi del mulino e della ferriera su descritti. Tornati sul sentiero, procediamo ora in leggera discesa ed ora in ardua salita, osservando i muri ancora intatti costruiti nei secoli passati per sorreggere il percorso nell'attraversamento dei fossi. Dopo circa mezz'ora fiancheggiamo al cimitero ed entriamo nella borgata di Casa Calistri. Belle sono la facciata della chiesa ed il relativo campanile e tutte le abitazioni ristrutturate negli ultimi tempi. Usciti da Casa Calistri continuiamo a destra sulla strada asfaltata, quasi pianeggiante, fino ad una fontana posta anch'essa sulla destra,oltre la quale la carrozzabile inizia a salire, ombreggiata da boschi che lasciano intravvedere monte Cocomero di fronte e intervallata da alcuni affacci sulla sinistra aggettanti su Casa Calistri. Venticinque minuti circa ed ecco il nucleo di Casa Lazzaroni. Superato il piccolissimo borgo, si procede fino al bivio che a destra conduce a Casa Pacchioni e a sinistra a Poggioli e a Casa Moschini. Alcune decine di metri ed imbocchiamo a sinistra un sentierino che corre parallelo al sottostante Torrente Randaragna. Dall'altra parte del torrente, vediamo la canalina che portava l'acqua al bottaccio del mulino Nazzareno sospesa sul sottostante rio ed il bottaccio stesso in contemplazione dall'alto dell'abisso su cui pencola paurosamente, abisso creato da una cascata che termina in un minuscolo laghetto d'acqua limpidissima. Infine seguono i resti del fabbricato incollato alla parete rocciosa, strafregandosene delle vertigini. Strafregandosene delle vertigini dovevano avanzare con passo sicuro sia i muli e gli asinelli carichi di sacchi e sia i loro accompagnatori. Il mugnaio doveva essere parente degli angeli abituati a volare tra le nuvole. Gli angeli con le ali, il mugnaio, invece, pensando d'averle con la fantasia. Il suddetto mulino, fu costruito nella seconda metà dell'ottocento da uomini eccezionali e poco istruiti ma bravissimi nel loro mestiere. Tale mulino restò attivo fino al 1972. La posizione scelta per la sua costruzione ha dell'incredibile, forse per sfidare l'impossibile. Tuttavia, fu ed è il mulino più alto della valle. Poche decine di metri e, sulla sinistra, si stacca un sentierino ricavato nell'impervio costone della montagna a picco sul fiume. Alcuni minuti d'intensa adrenalina e ci troviamo alla pozza suddescritta. Il posto impervio, la folta macchia abbarbicata alle rocce, la sagoma del mulino accanto alla cascata ci spingono in un mondo fiabesco. E' facile immaginare ninfe, sirene e mei, folletti non cattivi ma dispettosi, giocare, rincorrersi ed amoreggiare presso le limpidissime acque della pozza. Visioni eteree, sogni e risaliamo lungo il sentierino girando, poi, a sinistra fino ad arrivare alla strada asfaltata di prima. La percorriamo a sinistra immersa in intricati macchioni. Ora sul bordo di precipizi ed ora scavalcando impervi fossati privi, momentaneamente, d'acqua ma non di tenebrose ombre. Di tanto in tanto si aprono sulla sinistra affacci panoramici sui borghi di Casa Lazzaroni e Casa Calistri sprofondati a nido d'aquila nel verde. Una romantica panchina sistemata sul bordo della strada lato valle consente, grazie al taglio degli alberi per la sistemazione di una linea elettrica, l'intera visione della zona. Alcune gocce piovute dal cielo aumentano il fascino. Pochi passi ed eccoci a Poggioli circondato da un pulito castagneto. Ancora pochi minuti ed incontriamo la borgata di Casa Moschini. Edifici ben ristrutturati con al centro una simpatica quanto bella piazzetta che mostra una fontana fatta a mo' di casetta con due rubinetti, un pubblico barbecue ed un pulito pozzo lavatoio. L'ultima casa sulla destra è una B&B. “ La Presa” con giardino, panche, tavolini, giochi per bambini all'ombra di castagni carichi di anni. Una quindicina di minuti e s'incontra la deviazione, in discesa, per Casa Roversi. Mezz'ora di tornanti e si giunge al ponte sul Randaragna ed al borgo di Casa Roversi. Proprio sotto al ponte si trova il mulino di Marco. Prima di attraversare il ponte, conviene scendere a destra su di un praticello da cui si può ammirare il fabbricato in buone condizioni. Sulla facciata ci sono due finestre ed alla base l'archetto da cui usciva l'acqua dopo la macinatura. Sulla sinistra, alto sul torrente, giace ciò che rimane del bottaccio. Il mulino ha terminato di funzionare nella prima metà del novecento. Dopo aver attraversato il ponte, merita una visitina il borgo, in cui si entra passando sotto un portichetto. Proseguiamo sulla strada principale e, giunti all'ultima casa sulla sinistra, si procede per 50 metri fino all'inizio, sulla destra, di un sentiero che, dopo aver superato una Verginina, si divide in due. Incamminandosi sulla deviazione di destra, dove, poche decine di metri sotto, prigioniero della vitalba e dei rovi, traspare il bottaccio, in cattive condizioni, del mulino Taruffi o di Barakka. Il fabbricato non esiste più tranne i resti di un muro. Il mulino ha terminato l'attività nel 1960. Tornati indietro fino al bivio ci si incammina per il sentiero di sinistra, in parte pianeggiante ed in parte in leggera discesa. Si attraversa un fosso asciutto, quindi, sulla sinistra si scorgono delle rovine. Sarà stato un canniccio “o la casa del mugnaio?” Giunti in una decina di minuti alle macerie di un secondo canniccio, il sentiero gira a destra ammirando una spettacolare cascata che precipita lungo roccioni squadrati dalla natura così bene da sembrare opera dell'uomo. Incollati alla cascata, sulla sponda sinistra del Randaragna, fanno capolino i resti del mulino del Catino. Grande è la meraviglia e lo stupore di trovarsi davanti ad un tale spettacolo. Alla base del mulino e della cascata si trova una pozza d'acqua limpidissima e profonda alcuni metri. E' difficile pensare come abbiano fatto, nel passato, a costruire tale opera ed a scegliere una posizione come questa. Altro che leoni! Operai scalatori incuranti del pericolo. Che siano stati aiutati dai Mei e dalle Ninfe? Tutto lo lascia immaginare. E il bottaccio? E la canalina? Lassù sopra alla cascata, forse! Il mulino ha terminato il proprio compito, come quello di Taruffi, forse nella metà del secolo scorso. Osservata l'incredibile opera si ritorna indietro per lo stesso sentiero fino ad arrivare sulla strada asfaltata. Giuntivi ci si incammina a destra, in leggera salita, fino ad incontrare, poco dopo, la strada Casa Boni - Casa Calistri. Si prosegue sulla destra, in discesa, all'ombra di una intricata boscaglia. Un quarto d'ora e sul lato sinistro della strada sorge una piccola edicola dedicata alla Anime sante del Purgatorio. Pochi metri, ed in prossimità del ponte sul rio Muragli e prima di attraversarlo, sulla destra, sotto strada, sorgeva il mulino Bruciato o di Casa Giobbe, così detto perchè i proprietari abitavano a Casa Giobbe. Il mulino ha cessato di macinare negli anni venti quando un incendio lo ha distrutto completamente. Oggi non ne rimane nulla, solo rovi o vitalba o intrico della vegetazione. Prima di attraversare il ponte, dopo un segno della Croce, si recita: ”Requiem aeternam dona eo, Domine...”. Attraversato il ponte si gira a sinistra sulla strada per il Nibbio e dopo un centinaio di metri si arriva alle macchine. Tempo impiegato per l'escursione quattro ore circa comprese le visite.