GENOVA 2 Aprile 2017 (Classica gita di apertura in Liguria)
di Romano Mellini
e foto di Aurora Lorenzini
Previsioni meteo disastrose, comunque tentiamo ugualmente. Alle ore 6 in punto, dal piazzale Protche della stazione il pullman parte puntuale salutando le luci di Porretta. Abbracciato al torrente Limentra sale sulla statale 64 verso il traforo della Collina. Si getta nell'antro e scende verso la piana di Pistoia immersa nella bruma mattutina oscurata dalle nuvole. Imbocca l'autostrada direzione Viareggio salutando Montecatini, la Svizzera Pesciatina ed i campanili di Lucca. Alcune gocce di pioggia picchiettano i vetri del torpedone. Le vette di marmo delle Apuane scompaiano nell'umida nebbia lasciando presagire poco di buono.
La fantasia, comunque, corre all'aerea vetta del promontorio di Portofino scosceso verso il cobalto del mare. Forse Venere, non a Cipro, bensì tra le onde di questa meraviglia fece il primo sorriso. L'abbazia di San Fruttuoso impreziosisce il panorama custodendo al proprio interno i corpi mortali di molti Doria che si lasciano dolcemente cullare per l'eternità, ora da un mare appena increspato ed ora da onde gigantesche. In mezzo a tanto fantasticare, si ode la voce del capogita che esclama con voce stentorea “Causa maltempo non ci si reca a San Fruttuoso, bensì a Genova!”. Il pullman continua la propria corsa entrando ed uscendo da una galleria all'altra separate da aerei viadotti. Da questi ultimi si scorge, in basso, il mare color cenere baciare splendidi borghi arrampicati sui versanti delle colline. Usciti dall'autostrada si scende verso Genova e più precisamente in piazza De Ferrari, che reca al centro una enorme e bellissima fontana, fatta costruire nel 1936 dalla famiglia Piaggio. Splendidi palazzi delimitano la piazza: il palazzo Ducale, il palazzo della Regione dove, un tempo, vi era la sede della Navigazione Italia, il palazzo della ex Borsa. Pioviggina ancora e molti venditori di ombrelli ci assalgono.
Ricompattata la comitiva scendiamo lungo via S. Lorenzo, accarezzando il fianco della Cattedrale. In breve arriviamo al porto, davanti al palazzo S. Giorgio e riparati dalla carreggiata di una strada sopraelevata che attraversa tutto il porto, il nostro mentore, Professor Zagnoni ci spiega, in breve, la storia di Genova. In cielo compare il sole che lotta con le nuvole residue. Vuoi vedere che la Superba Albione nostrana ha implorato Giove Pluvio di far piovere solo per alcune ore mattutine costringendoci ad abbandonare la camminata sul promontorio di Portofino, come previsto dal programma, probabilmente antagonista di Genova in bellezza, e scegliere, giocoforza, la visita della città della Lanterna? Scelta, comunque, indovinata. Attraverso strettissimi Carruggi, raggiungiamo piazza San Matteo, eccezionale perla medioevale. Il tempo si è magicamente fermato al periodo dei Doria. L'abbazia di San Matteo, costruita nel 1125 da Martino Doria, striata di bianco e nero, come, d'altronde, i palazzi circostanti, ci fa entrare in un mondo onirico. All'interno, la cripta contiene la tomba di Andrea Doria e sulla porta della scala che scende nella cripta stessa è appesa la spada del grande ammiraglio e principe, ricevuta in dono da papa Paolo Terzo. Nella seconda metà del Cinquecento la suddetta spada venne rubata ed il ladro, Mario Calabrese, una volta scoperto, venne impiccato in piazza San Matteo con una forca d'oro, secondo una tradizione dell'epoca. La spada fu ritrovata, poi, in una fogna. Una leggenda narra d'altro canto che nel secolo scorso, in una osteria sita nei pressi di piazza San Matteo, ad ogni tappo tolto alle bottiglie di vino nero, Andrea Doria partecipasse spiritualmente ai brindisi con colpi di spada sul marmo. Sulla sinistra della facciata della chiesa si alza il palazzo di Branca Doria innalzato nel Duecento. Branca Doria per cupidigia uccise il suocero Michele Zanche, signore del Logodoro in Sardegna per impadronirsi del Giudicato, dopo averlo invitato a pranzo. Dante Alighieri, a zonzo per la Tolomea, terza zona del nono cerchio nel profondo inferno, incontra l'anima di Branca Doria condannata per l'eternità subito dopo l'omicidio, mentre il suo corpo abitato da un diavolo continua a vivere sulla terra.
Ché col peggiore spirto di Romagna (frate Alberigo di Faenza)
trovai di voi un tal, che per sua opra
in anima in Cocito già si bagna,
e in corpo par vivo ancor di sopra.
(Inf. C.XXXIII v. 154 – 157)
Questo avvenimento suggerisce a Dante una tremenda invettiva:
Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogni costume e pien d'ogne magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?
(Inf. C. XXXIII v. 151 – 153)
Evidentemente il divino poeta ce l'aveva con tutti.
I proprietari degli altri palazzi furono Domenicaccio e Lamba Doria, vincitore della flotta veneziana a Curzola nel 1298. Prima di lasciare questo luogo incantato par di assistere alla cerimonia legata alle feste natalizie: l'abate di Sant'Andrea portava in dono alle Signore della famiglia Doria un maialino inghirlandato di fronde d'alloro in cambio dell'offerta di cinque scudi. Con gli occhi colmi di bellezza e di storia, il nostro Mentore ci conduce attraverso altri Carruggi in via Garibaldi, già via Maggiore e più frequentemente Strada Nuova. Un'immensa folla invade l'arteria in procinto di visitare i Rolli, palazzi che prendono il nome dalla parola corrispondente all'odierna “Ruoli”. Vennero costituiti nel 1576 su disposizione del Senato della Repubblica aristocratica rifondata da Andrea Doria. Il compito principale dei Rolli era quello di ospitare personaggi illustri. I più insigni erano Papi, Imperatori, Re e Legati Cardinali o altri principi. Visitiamo in modo particolare palazzo Bianco e Palazzo Rosso, attualmente sedi di insigni pinacoteche. La folla è così numerosa che ci sparpagliamo or qua ed or là tenendo, tuttavia, conto che l'appuntamento è alle quindici davanti alla cattedrale di San Lorenzo. Con negli occhi le bellezze artistiche ci portiamo al porto con l'intenzione di consumare, seduti su di una panchina, il classico panino all'ombra del monumento di Renzo Piano osservando, così, gli ascensori salire liberi nell'aria trainati da funi invisibili appese alle robuste braccia di una gru. Splendida visione del porto.
La nostra attenzione è attratta da un fantastico galeone chiamato Neptune e utilizzato dall'attore Jonny Depp nel film “I pirati dei Caraibi”. La poppa di tale galeone termina con una grandiosa polena rappresentante una divinità marina.
Pochi passi per via San Lorenzo e ci troviamo sulla scalinata davanti alla magnifica cattedrale genovese. I primi lavori furono eseguiti nella metà del terzo secolo sul luogo di antiche sepolture. Una prima basilica sorse nel quinto o sesto secolo ove, secondo una leggenda, si sono fermati durante un viaggio in Spagna San Lorenzo e papa Sisto secondo. Verso l'anno mille il tempio fu ricostruito in stile romanico e nel 1230 fu ristrutturato in stile gotico. La facciata anteriore, difesa da due leoni stilofori, è racchiusa tra due campanili, quello di destra terminato, quello di sinistra rimasto a metà. L'interno è superlativo, soprattutto l'altare posto a circa metà della navata sinistra e dedicato a San Giovanni Battista. Molte altre opere d'arte sono esposte un po' ovunque. Nella navata di destra campeggia una strana adoratrice, una bomba inglese di calibro 381 mm affiancata da questa iscrizione: “Questa bomba/lanciata dalla flotta inglese/pur sfondando le pareti/di questa insigne cattedrale/qui cadeva inesplosa/il 9 febbraio 1941/a riconoscenza perenne/Genova/città di Maria/ volle incisa in pietra/la memoria di tanta grazia”. Se tale ordigno fosse esploso, addio cattedrale! Visitato anche il relativo museo ci rechiamo nella vicina piazza De Ferrari dove alle ore sedici e quindici il nostro pullman lascia la città della Lanterna. Durante il viaggio di ritorno il Professor Zagnoni saluta una per una le vette delle Alpi Apuane, velate da una leggera nebbiolina. Genova, splendida città all'altezza di sostituire il promontorio di Portofino e l'Abbazia di San Fruttuoso. I passi non sono stati numerosi ma gli occhi brillano ancora di rara bellezza. Grazie Renzo.